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29 marzo 2012 TERRABENECOMUNE al Valle Occupato

 

TERRA BENE COMUNE

NO ALLA VENDITA DELLE TERRE PUBBLICHE

SÌ ALLA CUSTODIA DEI BENI COMUNI

 

Questo recita la campagna lanciata da GENUINO CLANDESTINO.

Giovedì 29 MARZO AL TEATRO VALLE ORE 20.30

terra/Terra e Genuino Clandestino organizzano insieme al Teatro Valle Occupato e Roma Tarantella Festival una serata con assemblea pubblica su ACCESSO ALLA TERRA contro la vendita dei terreni agricoli demaniali (art.66 dlgs n.1 del 24 gennaio 2012).

E’ un momento di riflessione e confronto, per capire insieme quali possano essere le azioni per fermare questa legge iniqua e pensare ad un’alternativa che mantenga i terreni beni pubblici.

L’appuntamento di Giovedì 29  vedrà la partecipazione di molti artisti:

Gli artisti del Teatro Valle
– Fabio Massi
– Eugenio Bennato
– Francesco Loccisano Duo
– Bungaro

 

Domenica 1 Aprile al Nuovo Cinema Palazzo a partire dalle ore 18.00 incontro pubblico di confronto-dibattito su ACCESSO ALLA TERRA contro la vendita delle terre demaniali a destinazione agricola (art.66 dlgs n.1 del 24 gennaio 2012) a cura del Connettivo Terra/TERRA e della Rete Cittadine che sostiene il progetto,

A seguire Aperitivo e proiezione del Docufilm Genuino/Clandestino.

La terra continua a essere violentata: dal folle processo di urbanizzazione senza regole, se non quelle della rendita e del profitto; dalle colture intensive, tempestate di velenosi pesticidi, che portano degrado e desertificazione; dall’abbandono progressivo delle terre meno fertili, che genera erosione e squilibri idrogeologici.

Lo Stato pensa solo a fare cassa sulle nostre teste, come lo fa cedendo a basso costo terreni limitrofi della città ai soliti padrini dell’edilizia, dei centri commerciali e delle discariche.

 

 

VENDERE LE TERRE AGRICOLE PUBBLICHE

SIGNIFICA

IMPEDIRE PER SEMPRE ALLE COMUNITÀ CHE LE ABITANO DI DECIDERE TERRITORIALMENTE COME GESTIRLE,

NON SIGNIFICA RIPAGARE IL DEBITO SOVRANO,

NON SIGNIFICA RILANCIARE L’IMPRENDITORIA GIOVANILE.

NO ALLA VENDITA DELLE TERRE PUBBLICHE!

SI ALLA CUSTODIA DEI BENI COMUNI

 

 

 

terraTERRA è la sperimentazione  di un modello di economia che impegna reciprocamente produttori e consumatori per sovvertire le catene di distribuzione, ridurre la distanza alimentare, valorizzare le relazioni sociali, sensoriali e gustative

Chi lavora la terra e produce cibo deve poter essere protagonista della filiera, in accordo con i consumatori. Scendere in piazza con i propri prodotti è quindi il modo più semplice, che i contadini hanno, per incontrare i consumatori in modo diretto, aggirando le maglie della distribuzione e costruendo una rete di scambio alternativa.

Gli obiettivi sono:

–  Salvaguardare il patrimonio agro alimentare fatto di saperi e sapori diversi arrestando il processo di estinzione

–  Ristabilire una relazione armonica con la terra che lasci spazio a produzioni e a consumi più felici, innescando processi virtuosi di qualità della produzione, qualità del prodotto e qualità delle relazioni sociali

–  Costruire attraverso le “buone prassi” sperimentate modelli alternativi di economia

–  Acquisire nuovi strumenti per ragionare, riflettere, sovvertire e affrancarsi dalla insopportabile morsa del neo-liberismo e della globalizzazione, affermando il principio dell’Autonomia Alimentare.

il Mercato Contadino raccoglie l’esperienza dei movimenti contadini e delle reti solidali per ribadire l’esigenza di un agricoltura costruita dal basso, nel rispetto della terra e della dignità di chi ci vive e lavora sopra. Un’agricoltura senza sfruttamento o veleni.

La terra non è un supermercato, il cibo non è una merce

 

Roma tarantella festival, sotto la direzione artistica di Eugenio Bennato nasce nel 2008 con l’unico scopo di mettere in risalto le bellezze e la cultura del popolo del Sud, sempre più bistrattata da media e sistema.

Il Festival e’ gemellato con Kaulonia Tarantella Festival, inoltre il Comune di Caulonia è gemellato con la prima circoscrizione di Roma Capitale.

 

Francesco Loccisano: Denominato il signore della chitarra battente, incide il suo primo lavoro discografico, si inscrive in quel movimento più ampio di rinnovamento della musica popolare che da anni si sta affermando in tutto il territorio nazionale ed oltre.

 

Eugenio Bennato: “ll concerto in trio acustico, destinato a spazi più raccolti e ad un pubblico più concentrato e diretto, mi è venuto in mente per assecondare una tendenza manifestata da tantissimi ascoltatori che scelgono e ripetono le mie canzoni (quelle più fortunate) con sola voce e chitarra.

 

Bungaro in Acusticanto: Sicuramente uno dei dischi più belli del 2010.. Max De Tomassi Radio Rai Uno

 

Campagna TERRA BENE COMUNE contro la svendita del demanio

TERRA BENE COMUNE

NO ALLA VENDITA DELLE TERRE PUBBLICHE

SÌ ALLA CUSTODIA DEI BENI COMUNI

 

Questo recita la campagna lanciata da GENUINO CLANDESTINO.

SABATO 17 ALLE ORE 16, nell’ambito di ENOTICA al CSOA Forte Prenestino, ci sarà una assemblea  pubblica su ACCESSO ALLA TERRA contro la vendita dei terreni agricoli demaniali (art.66 dlgs n.1 del 24 gennaio 2012).

E’ un momento di riflessione e confronto, per capire insieme quali possano essere le azioni per fermare questa  legge iniqua e pensare ad un’alternativa che mantenga i terreni beni pubblici.

Interverrano :

terra/Terra

Genuino Clandestino,

Giuseppe De Marzo di A Sud

Antonio Onorati di Crocevia

Tonino Mancino dell’associazione Michele Mancino.

Enotica sarà solo il primo appuntamento della campagna che continuerà con l’incontro del

29 MARZO AL TEATRO VALLE ORE 20.30 che vedrà la partecipazione di molti artisti,

gli artisti del Teatro Valle

Fabio Massi

Eugenio Bennato

Francesco Loccisano Quintet

Bungaro.

La terra continua a essere violentata: dal folle processo di urbanizzazione senza regole, se non quelle della rendita e del profitto; dalle colture intensive, tempestate di velenosi pesticidi, che portano degrado e desertificazione; dall’abbandono progressivo delle terre meno fertili, che genera erosione e squilibri idrogeologici.

Lo Stato pensa solo a fare cassa sulle nostre teste, come lo fa cedendo a basso costo terreni limitrofi della città ai soliti padrini dell’edilizia, dei centri commerciali e delle discariche.

VENDERE LE TERRE AGRICOLE PUBBLICHE

SIGNIFICA

IMPEDIRE PER SEMPRE ALLE COMUNITÀ CHE LE ABITANO DI DECIDERE TERRITORIALMENTE COME GESTIRLE,

NON SIGNIFICA RIPAGARE IL DEBITO SOVRANO,

NON SIGNIFICA RILANCIARE L’IMPRENDITORIA GIOVANILE.

NO ALLA VENDITA DELLE TERRE PUBBLICHE!

SI ALLA CUSTODIA DEI BENI COMUNI

E’ prioritario salvare i diritti d’uso collettivo e civico delle terre

Comunicato/Appello scritto da alcune soggettività rurali presenti questi giorni ai blocchi in Valsusa e letto 3 giorni fa in assemblea‏.

La maggior parte degli italiani non sanno che esistono questi diritti,che le terre destinate all’uso civico,nel dopoguerra arrivavano a 1/5 del territorio nazionale. Perchè in italia,dall’antichità fino ai primi anni dell’ultimo dopoguerra,molta della popolazione viveva sulle terre di montagna. Quindi: per affrancarsi,prima,dalla servitù e dagli eserciti,poi, dal mercato della terra e dalla mezzadria, sono cresciute zone con proprietà collettiva della terra e governo collettivo attraverso le regole (senza finalità di profitto) e i comunelli. Questo è stato un processo
che in alcune zone si è af fermato molto,durando ancora adesso. Le Regole nel Cadore/Ampezzano, le Comunanze nelle Marche, le Partecipanze in Emilia,le Comunalie nell’Appennino Emiliano, le Università Agrarie nel Lazio e nel Centro Italia,gli Usi Civici in Sardegna.
Ma nel dopoguerra,quando fecero la costituzione,accanto alla proprietà pubblica e privata, non fu messa la proprietà collettiva,inventando il demanio pubblico e favorendo così l’abbandono. Inoltre,in assenza di comunità e di associazione di abitanti,il bene viene incamerato dai comuni. Per questo molti comuni non facilitano la vita di queste iniziative sulla terra,financo le inchieste catastali. Infine oggi,dopo anni di tentativi di appropriazione delle terre collettive,il governo Monti ha deciso di sdemanializzare(cioè rendere vendibile) questo patrimonio che è collettivo.
Pensiamo che per reggere alla crisi occorre basarsi sulla ricchezza sociale,non su quella privata,nè su quella pubblica. Per questo è importante organizzarsi collettivamente per recuperare queste terre e gestirle attraverso pratiche sociali e solidaristiche. Come stanno facendo in Colombia e in altri paesi del atinoamerica. Rinnovando e rafforzando gli usi civici.

 

 

 

In Spagna si occupano terreni del demanio che stanno per essere messi all’asta (in spagnolo)

Domenica 4 marzo, quasi 500 persone del SAT e SAC  hanno occupato la finca Somonte di Palma del Río ( tra Cordoba e Sevilla ), che la giunta di Andalusia ha messo all’asta. Hanno lanciato un’appello per far girare la notizia!!
L’obiettivo è fermarsi li e iniziare a coltivare. Hanno bisogno di cibo, semi, piante e appoggio umano..
Anche qui, più di 20000 ettari di terre sono stati venduti ai privati.
Giovedì alle 11 è prevista una manifestazione a Sevilla, contro la vendita di questi terreni e per la concessione a cooperative di “braccianti” in paro.
El domingo 4 de Marzo a las 11 de la mañana unos 500 miembros del Sindicato de Obreros del Campo – Sindicato Andaluz de Trabajadores hemos ocupado la finca Somonte en el término municipal de Palma del Río. Esta finca propiedad de la Junta de Andalucía sale mañana a subasta. Privatizan la tierra mientras la gente del pueblo sufre un paro extremo de 1.700 personas en Palma del Río y más de 4.000 personas paradas en los pueblos de alrededor. Están vendiendo más de 20000 hectáreas en Andalucía quedando aún unas 8.000 sin subastar. Ante este atropello el SOC-SAT se va movilizar durante estos días y el próximo jueves a las 11 de la mañana hará una manifestación en la Consejería de Agricultura de Sevilla pidiendo que se paralice esta venta de tierras y que en lugar de pasar a banqueros y terratenientes sean trabajadas por cooperativas de jornaler@s en paro.

A partir de esta ocupación unas 30 personas de Posadas, Palma del Río y otros pueblos se han quedado en esta finca con el objetivo de permanecer en ella y comenzar a trabajarla. Pensamos que esta es la única forma de llevar a cabo nuestras ideas consecuentemente ya que la tierra tiene que ser autogestionada por los propios trabajadores y trabajadoras para crear el máximo número de empleo y favorecer el desarrollo de la economía local y comarcal. El terreno de Somonte tiene 359 has. de secano y 41 has. de regadío. La parte de regadío podría dar en una primera etapa unos 50 puestos de trabajo mediante el cultivo de espárragos, cebollas y otras hortalizas. A medio plazo se podría generar mucho más empleo a través del cultivo social de todo el terreno, de agroindustrias y comercialización de los productos por medio de las inversiones necesarias.

Desde el SOC-SAT hacemos un llamamiento urgente a la solidaridad de Palma del Río y los pueblos de alrededor y a todos los compañer@s de la provincia de Córdoba y de Andalucía para que apoyen esta causa viniendo a sumarse a la lucha y el trabajo en la finca de Somonte presionando a los órganos de poder, difundiendo la noticia y apoyándonos materialmente: comida, semillas, plantas, materiales, dinero y lo que se vea posible.

Esta acción debe ser el comienzo de la revolución agraria que en este momento de paro, penurias y estafa neoliberal tanta falta nos hace. Hoy en día cualquier alternativa para sobrevivir con dignidad debe pasar por la lucha por la tierra, la agricultura campesina, la soberanía alimentaria y el desarrollo que genera como ha pasado y vemos cada día en Marinaleda y otros pueblos de Andalucía.

Animamos a tod@s los trabajadores y parad@s de Andalucía a que luchen por la tierra pública o privada para su colectivización por parte del pueblo.

SI EL PRESENTE ES LUCHA, EL FUTURO ES NUESTRO

¡VIVA ANDALUCÍA LIBRE!

El jueves (8 de marzo) por la mañana saldrá una furgoneta desde Córdoba cargada de cosas para allá. Necesitan comida, bebida, dinero para comprar cosas, materiales y herramientas para trabajar la tierra, semillas, planteras del tiempo, etc, etc, etc. Si queréis colaborar con lo que sea podéis llevar vuestra solidaridad a LA TEJEDORA, que es el lugar donde iremos guardando las cosas para transportarlas el jueves por la mañana. Podeis llevarlo durante el día de hoy martes y mañana miércoles.

Además, de esto, toda la difusión y el apoyo público que se le de a esta acción desde nuestros colectivos, nuestros barrios, puestos de trabajo, etc, es de vital importancia para lograr que esta semilla que se acaba de plantar en Palma del Río fructifique como alternativa real y verdadera ante el capitalismo depredador.

Comunicado en apoyo de Córdoba Solidaria a la Ocupación de la Finca Somonte

(Palma del Río) por más de 500 jornaleros/as sin tierra

El pasado domingo 4 de marzo más de 500 jornaleros/as ocupaban la finca Somonte en el término de Palma del Río (Córdoba) con la intención de paralizar la salida en subasta de estas tierras que hasta día de hoy son de titularidad pública.

Desde Córdoba Solidaria condenamos cualquier intento de privatización de lo público. Se quiere privatizar, subastar, en definitiva, mal vender tierra productiva mientras miles de jornaleros y jornaleras andaluzas están en una grave situación de indefensión por falta de trabajo y de ingresos.

Queremos mostrar nuestro apoyo a las más de 50 familias que han decidido quedarse en la finca para trabajarla, para hacerla productiva, para generar empleo y favorecer de esta manera el desarrollo de la economía local y comarcal, de una manera colectiva, cooperativa y sostenible.

Nos parece que esta acción es una alternativa real y posible para vivir con dignidad en medio de esta crisis económica y esperamos que este ejemplo cunda, se replique y logre extenderse bajo el sol de nuestra tierra, Andalucía.

¡¡LA TIERRA PA QUIEN LA TRABAJA!!

– Fotos de la ocupación (4-MAR-2012)




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Gli usi civici non si vendono E’ REATO!

Il decreto Salva Italia vorrebbe svendere anche le terre collettive, autorizzando i comuni a cedere i beni di uso civico. Ma la proprietà collettiva è per sua natura invendibile. L’appello nazionale della Consulta Nazionale

Si vuole evitare in ogni modo che le terre collettive vengano vendute e svendute, come sta purtroppo avvenendo in alcuni contesti territoriali, dai Comuni che ne detengono l’amministrazione attraverso una riduttiva ed illegittima interpretazione dell’art.66 del decreto Salva Italia, che autorizza i Comuni a vendere i beni agricoli ed a vocazione agricola di loro proprietà. Tra questi non possono rientrare, come invece in alcuni casi sta avvenendo, i beni soggetti ad uso civico che sono e continuano ad essere INALIENABILI, INUSUCABILI,  IMPRESCRITTIBILI e IMMUTABILI nella loro destinazione agrosilvopastorale.

(LEGGI L’INTERO ARTICOLO)

Vandana Shiva ai giovani Italiani

(vuoi leggere l’intero articolo?)

“La terra sostiene la nostra vita sulla Terra, e la Terra non discrimina tra giovani e vecchi, ricchi e poveri, per lei tutti i figli sono uguali.
Noi siamo legati alla Terra dal momento che ognuno riceve una giusta, equa e sostenibile parte di risorse: la biodiversità e i semi, il cibo che i semi ci procurano, la terra su cui possono crescere i cibi, l’acqua che scorre nei nostri fiumi e anche l’aria dell’atmosfera che respiriamo. La più grande sfida che dobbiamo fronteggiare oggi è quello che ho chiamato la rapina dei nostri beni comuni da parte delle multinazionali. I semi come beni comuni sono stati sottratti tramite la privatizzazione e brevettazione, l’acqua è stata privatizzata tramite leggi, la terra è stata privatizzata e rubata nei paesi poveri, in India, in Africa, ma anche nei paesi ricchi a causa dell’aggravarsi della crisi economica. Le vere forze che hanno generato la crisi, tramite una morte finanziaria, ora vogliono appropriarsi del benessere reale della società e del futuro, vogliono appropriarsi dell’acqua e della terra.
Penso che in questo momento di crisi,  di crisi economica, la terra è l’unico luogo in cui possiamo ritornare per ricostruire una nuova economia; e ogni governo alle generazioni future dovrebbe dire: “non abbiamo molto altro da darvi: abbiamo perso la capacità di darvi lavoro, sicurezza sociale e garantirvi un decente tenore di vita. Ma la terra ha ancora questa capacità, noi consegniamo le terre pubbliche agli agricoltori del futuro: provvedete a voi stessi”. Questo è un obbligo, visto il fallimento dei governi, nell’attuale sistema economico, nel prendersi cura dei bisogni della gente; la terra può prendere cura dei nostri bisogni, la comunità può prendersi cura dei nostri bisogni. E se vogliamo avere un’economia viva, e dobbiamo averla, e se vogliamo avere una viva democrazia, la terra deve essere al centro di questo rinnovamento: dalla morte e distruzione alla vita.
Mettere la terra nelle mani delle generazioni future è il primo passo, e se non lo faranno, seguendo la strada giusta, invito i giovani a occupare la terra così come stanno occupando le piazze; voi dovete fare un dono al futuro dell’umanità.”

Vandana Shiva

MOBILITAZIONE CONTRO LA SVENDITA DEL DEMANIO

NUOVO ARTICOLO DI LEGGE

Art. 66 Dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola

1. Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto di natura non regolamentare da adottare d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, anche sulla base dei dati forniti dall’Agenzia del demanio nonché’ su segnalazione dei soggetti interessati, individua i terreni agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, nonché’ di proprietà degli enti pubblici nazionali, da alienare a cura dell’Agenzia del demanio mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando per gli immobili di valore inferiore a 100.000 euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 100.000 euro. L’individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. Ai citati decreti di individuazione si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 3, 4 e 5, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Il prezzo dei terreni da porre a base delle procedure di vendita di cui al presente comma e’ determinato sulla base di valori agricoli medi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Con il decreto di cui al primo periodo sono altresì stabiliti i modi di attuazione del presente articolo.

2. I beni di cui al comma uno possono formare oggetto delle operazioni di riordino fondiario di cui all’articolo 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441.

3. Nelle procedure di alienazione dei terreni di cui al comma 1, al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, così come definiti ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185.

4. Ai contratti di alienazione del presente articolo si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 5-bis, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

5. I giovani imprenditori agricoli che acquistano la proprietà dei terreni alienati ai sensi del presente articolo possono accedere ai benefici di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.

6. Per i terreni ricadenti all’interno di aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, l’Agenzia del demanio acquisisce preventivamente l’assenso alla vendita da parte degli enti gestori delle medesime aree.

7. Le regioni, le province, i comuni, anche su richiesta dei soggetti interessati possono vendere, per le finalità e con le modalità di cui al comma 1, i beni di loro proprietà agricoli e a vocazione agricola e compresi quelli attribuiti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85; a tal fine possono conferire all’Agenzia del demanio mandato irrevocabile a vendere. L’Agenzia provvede al versamento agli enti territoriali già proprietari dei proventi derivanti dalla vendita al netto dei costi sostenuti e documentati.

8. Ai terreni alienati ai sensi del presente articolo non può essere attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola prima del decorso di venti anni dalla trascrizione dei relativi contratti nei pubblici registri immobiliari.

9. Le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di cui ai commi precedenti al netto dei costi sostenuti dall’Agenzia del demanio per le attività svolte, sono destinate alla riduzione del debito pubblico. Gli enti territoriali destinano le predette risorse alla riduzione del proprio debito e, in assenza del debito o per la parte eventualmente eccedente al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

10. L’articolo 7 della legge 12 novembre 2011, n. 183 e successive modificazioni è abrogato.

 BOZZA

Per la difesa della Terra Bene Comune proponiamo una giornata di mobilitazione nazionale.
La vendita delle terre di proprietà pubblica deve essere fermata!
I governi di questo paese sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre Terra.

Si concepisce la Terra solo in termini di possesso, come bene escludente, oggetto di diritti di proprietà. In nome della proprietà la terra continua a essere violentata: dal folle processo di urbanizzazione senza regole se non quelle della rendita e del profitto; dalle colture intensive tempestate di veleni pesticidi, che portano degrado e desertificazione; dall’abbandono progressivo delle terre meno fertili, che genera erosione e squilibri idrogeologici. Lo Stato pensa solo a fare cassa sulle nostre teste, come lo fa cedendo a basso costo terreni limitrofi della città ai soliti padrini dell’edilizia, dei centri commerciali e delle discariche.
L’Art. 66 del Decreto liberalizzazioni prevede nuovamente la “Dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola”.

L’ultima tappa di un oscuro cammino iniziato 2 decenni fa circa, un processo di svendita dei beni pubblici a privati in nome di una gestione più efficiente, come se la logica del profitto avesse mai reso servigi alla collettività. La proposta sull’alienazione delle terre agricole dello Stato riguarda un quantitativo indefinito di ettari ed arriva in un momento internazionale di crescita del fenomeno denominato Land Grabbing, accaparramento di terreni da parte di soggetti economicamente forti (paesi in forte crescita e multinazionali-basti pensare i 3 milioni di ettari acquistati dalla Cina in Africa). Ecco i veri destinatari di questa manovra, non certo i giovani imprenditori agricoli di cui: “…al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli.”

Quindi lo stato si limita a disincentivare il cambiamento d’uso dei terreni per 20 anni senza altra garanzia di salvaguardia ambientale. A conclusione un lapidario: “Le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di cui ai commi precedenti al netto dei costi sostenuti dall’Agenzia del demanio per le attivita’ svolte, sono destinate alla riduzione del debito pubblico.” Le risorse nette derivanti sarebbero comunque una goccia nel mare del debito (circa 1800 miliardi), quando il costo stimato delle opere per la TAV in Val di Susa è più di 30 miliardi! Con il risultato di essersi sbarazzati del patrimonio senza tappare alcun buco di bilancio e senza poter tornare indietro visto l’articolo che tutela la proprietà privata. Le terre che saranno vendute non potranno mai più tornare pubbliche!
Tutto questo con l’appoggio della Coldiretti, che si propone come mediatrice tra lo stato e i “giovani agricoltori”. Ma dove sono tutti questi giovani aspiranti contadini che dispongono di 150.000 euro per iniziare un’azienda, senza parlare del costo dei mezzi?

Un paese che vende le terre agricole pubbliche è un paese che mette con prepotenza l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in nome del bilancio finanziario. Tutto questo sarà possibile se non si svilupperà una seria battaglia in tutto il paese per sancire il concetto: Terra a chi la lavora e Sovranità della terra come bene comune La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!
Ridiscutiamo le modalità di gestione delle terre agricole di proprietà degli enti pubblici! Lavoriamo per normative che favoriscano e sostengano chi vuole iniziare un’attività agricola mettendogli a disposizione l’uso agricolo della terra garantito contro ogni possibile speculazione.

Noi rete del Connettivo terra/TERRA vogliamo:

 – che ci si indirizzi verso affitti di lunga durata a prezzi equi a favore di agricoltori o aspiranti tali, sulla base di progetti che escludano attività speculative

-si favorisca l’agricoltura contadina di piccola scala, che è l’unica che può sfamare il mondo senza causarne il dissesto, ma anzi arricchendolo e preservandone la biodiversità

-si prediligano progetti di cohousing, cioè di condivisione solidale dei beni e delle risorse, perché la buona agricoltura è quella fatta con tante braccia pensanti e con poche macchine.

-si renda possibile la costruzione con materiali naturali di abitazioni rurali a bassissimo impatto ambientale come legno e paglia, ma totalmente vincolate all’attività agricola. Questo perché chi lavora la terra deve anche poterla abitare.

Per la difesa della Terra bene comune propone una GIORNATA MOBILITAZIONE NAZIONALE, che sia preparata dal lavoro dei gruppi territoriali (già ferventi sulla mappatura dei terreni demaniali) e da occupazioni simboliche.
Proponiamo una RACCOLTA FIRME per pretendere che i nostri diritti siano rispettati e sancire il concetto: “Terra a chi la lavora e sovranità della terra come bene comune”.
 TERRA E LIBERTA’

La terra BENE COMUNE

Le condizioni per la privatizzazione della terra si affermarono circa 5000 anni fa , esse coincisero non a caso con la fine della ginecocrazia, l’affermarsi della linea ereditaria maschile e il matrimonio monogamico.

Precedentemente i gruppi di esseri umani che si erano stabiliti in un dato territorio avevano dei legami di” non proprietà” con la terra, nel senso che le terre venivano usate secondo le necessità collettive senza che nessuno all’interno di una data collettività ne potesse rivendicare il possesso individuale. In altre parole non esisteva la proprietà privata né individuale né collettiva ma solamente l’uso collettivo per la sussistenza della comunità.

La privatizzazione delle terre, tuttavia, non è stato un processo lineare né si è evoluto in maniera omogenea nei cinque continenti.

La condizione di non proprietà o uso civico ha convissuto per lungo tempo con la proprietà privata, in alcune parti come il continente americano la proprietà privata è stata introdotta con l’arrivo e l’insediamento degli europei attorno al XV-XVI sec.

L’ accelerazione del processo di privatizzazione viene determinata dall’affacciarsi nella società di una nuovo soggetto sociale, la nascente  borghesia nazionale che con l’affermarsi come classe dominante sull’aristocrazia avrà sempre più necessità di accumulare capitali da investire.

Le nazioni europee già costituite (Francia, Inghilterra Olanda ecc) iniziano ad accorpare le terre comuni , proprietà distinta da quella statale ,alle proprietà dei latifondi (Landlords)  precedentemente esistenti.

Questa operazione chiamata in Inghilterra “Enclosure of Commons) secondo Marx è la base per “la cosiddetta accumulazione originaria” (Libro primo del Capitale-ultimo capitolo).

Nel XVI secolo ai salariati agricoli inglesi che lavoravano nelle grosse tenute veniva assegnato un casolare con un terreno di circa 4 acri (1,5 ettari) per il proprio fabbisogno alimentare inoltre potevano accedere alle vicine terre comuni dove avevano il diritto di pascolatico, legnatico e della torba (materiale da combustione/costruzione).

L’appropriazione delle terre comuni e l’accorpamento dei terreni assegnati ai salariati agricoli avviene in maniera completamente illegale anche per le leggi allora vigenti e determina la riduzione allo stato di povertà assoluta di decine di migliaia di contadini che rimangono senza casa e senza i mezzi di minima sussistenza. Contemporaneamente il parlamento inglese emana un decreto che vieta l’accattonaggio. Chi verrà sorpreso a mendicare,  la prima volta riceverà cento frustate, la seconda verrà giustiziato.

Il diffondersi della manifattura della lana aveva determinato una grossa domanda di questo materiale, incentivando il grosso allevamento ovino da lana a scapito della agricoltura tradizionale e richiedendo la costituzione di grosse aziende destinate solo al pascolo.

Il diffondersi nel continente europeo della manifattura accelera quindi questo processo di privatizzazione delle terre producendo anche una richiesta di ulteriori terra da privatizzare, di materie prime e manodopera.

La colonizzazione degli altri continenti, dove la “non proprietà delle terre” era ancora in vigore, da parte delle borghesie nazionali soddisfa la richiesta di nuove terre e materie prime, la deportazione e riduzione in schiavitù di milioni di africani porterà manodopera per le nuove monocolture nel continente americano.

Rapina a mano armata, genocidio e razzismo sono le basi su cui nasce la moderna democrazia liberale.

Il processo di privatizzazione delle maggior parte terre del pianeta si conclude, escluse alcune eccezioni marginali, entro la fine del XIX secolo.

In Italia questo processo di privatizzazione ha avuto per motivi storici un andamento contraddittorio.

La borghesia italiana infatti si è affermata e costituita in entità nazionale  con ritardo rispetto ad altri paesi europei e la necessità di accelerare il processo di privatizzazione delle terre di non proprietà ha avuto al sud e nelle isole una carattere di vera e propria colonizzazione.

La privatizzazione forzata sotto forma di conquista militare non è mai stata indolore e ha prodotto dove si è verificata forme di resistenza pacifica e violenta.

Nel 1820 i Savoia emanarono in Sardegna “la legge delle chiudende” simile a quella “enclosure of commons” inglese di tre secoli antecedente.

L’editto prevedeva la privatizzazione delle terre ad uso civico che venivano affrancate, gratuitamente, alle terre dei grossi latifondisti. All’editto seguì una rivolta con l’intervento dell’esercito piemontese che provocò migliaia di morti.

In tutto il meridione d’Italia l’insurrezione contadina che si opponeva alla abolizione degli usi civici fu soppressa con i cannoni, la resistenza feroce dei contadini meridionali oltrepassò abbondantemente l’unità d’Italia. Solamente nel 1869 l’esercito fu in grado di normalizzare la situazione.

La guerra si concluse con 7000 morti in combattimento, 2000 fucilati e 20.000 prigionieri condannati ai lavori forzati ( Fonte R. Del Carria  Proletari senza rivoluzione II cap.)

Questo, molto sinteticamente,  il quadro storico in cui la privatizzazione delle terre è stata imposta, spesso manu militari, alla maggior parte della popolazione del pianeta.

Questa privatizzazione ha permesso alla classe sociale al potere di accumulare le risorse necessarie per l’affermazione del sistema economico sociale vigente e quindi la riproduzione del proprio dominio sul resto della società.

Non vi è alcun dubbio che la proprietà privata  nel nostro paese include oggi la maggior parte delle terre fertili, tuttavia permangono altre forme che non possono essere incluse in questo tipo di proprietà.

Esse sono il demanio di proprietà pubblica e gli usi civici che hanno il carattere di non proprietà o proprietà sociale.

L’uso civico è una forma sopravvissuta della forma di non proprietà precapitalistica e presenta diverse interessanti peculiarità.

–         Uso civico di un dato terreno o parte di esso può gravare anche su di una proprietà privata

–         L’uso civico a differenza del demanio non può essere venduto ma con un procedimento particolare deve essere prima liquidato.

–         Questa forma di non proprietà contiene in sé un carattere sovversivo che immediatamente entra in collisione con la proprietà e l’uso privato della terra

Il tentativo di abolire gli usi civici nel passato come abbiamo visto ha creato forme organizzate di resistenza.

Non abbiamo necessità di andare al XIX secolo per ritrovare questa resistenza.

Nel 1969 l’esercito italiano cercò di insediare su un terreno ad uso civico (pascolatico/legnatico) un poligono militare in Barbagia nelle montagne sarde.

La rivolta della popolazione non si fece attendere a lungo, donne, vecchi, bambini e pastori occuparono per settimane i terreni, impedendo che i soldati sparassero un colpo. Dopo un mese di inutile fronteggiarsi l’esercitò rinunciò. La terra rimase uso civico.

Unica testimonianza rimasta dello scontro: un villaggio da cartolina (con chiesa e caserma annessa) inspiegabile per il turista distratto, rimasti deserti e fuoriposto come era il progetto di militarizzazione del territori.

Un altro esempio di difesa non legata alla proprietà privata può essere considerata la lotta No Tav della Val di Susa. Un’intera valle che difende flessibilmente il diritto collettivo a godersi socialmente  il proprio territorio non può essere considerata altrimenti.

Anche le 352 operaie che occupano da quasi un anno la Nokia-Jabil a Milano difendono un uso collettivo del territorio, impedendo che 16 ettari vengano destinati alla speculazione edilizia di Milano Expo, stanno dimostrando che nonostante le leggi vigenti il padrone della Nokia-Jabil non può disporre della sua proprietà privata!

Il tentativo del governo del Prof. Monti di vendere una parte delle terre di proprietà pubblica va in una direzione già vista: quella di far cassa per cercare di “sanare” una crisi che il loro sistema ha generato.

Su questo non ci può essere nessuna mediazione, qualsiasi accettazione del cambio di destinazione della terra è una legittimazione al loro voler far cassa.

Una legittimazione all’uso di un bene pubblico che vada a beneficio dei loro interessi privati, siano essi banchieri, industriali, o aziende agricole.

Come detto in precedenza un approccio solo istituzionale, considerando anche gli attuali rapporti di forza, risulterebbe controproducente ed al massimo darebbe sotto forma di “compensazione” qualche briciola di terra a progetti di tipo sociale.

Il referendum sul nucleare ed in parte anche quello sull’acqua dimostrano che quando le classi al potere hanno un interesse concreto sono disposte ad ignorare l’opinione (confermata da referendum o meno come nel caso della guerra) della maggioranza della popolazione.

Stracciarsi le vesti sulla costituzione calpestata o la democrazia violata non sembra servire granché.

Trovare una alternativa per imporre la volontà del 99% della popolazione su 1% (che ha il monopolio della forza e quindi della violenza) spetta alla maggioranza stessa o alla parte più “sveglia” di essa.

 (Mario delle api)