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#SCIOPEROSOCIALE 14N

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Comunicato di adesione allo #scioperosociale

Cominciamo il #14N da Terni, la città dell’acciaio. La città degli operai e della vertenza che è sotto i riflettori da settimane. La città con alle spalle quasi due secoli di industria da decenni in declino che ne mette a rischio la sopravvivenza. Poi l’altra Terni, quella dei mancati controlli sulle emissioni delle troppe ciminiere. Quella delle diossine e dei pcb sugli alimenti, negli orti limitrofi alla città come nelle campagne. La città delle uova avvelenate e del latte contaminato. La città delle discariche industriali incontrollate e delle acque al cromo esavalente. La città dal triste primato di tre inceneritori accesi contemporaneamente nel raggio di poche centinaia di metri e del continuo proliferare di piccole centrali a biomasse. E così, proprio mentre il settore industriale viene drasticamente meno trascinandosi dietro commercio e artigianato, questa città si trova a perdere anche la propria capacità di autoprodursi quel cibo necessario a sfamarne gli abitanti. A Terni come in molti altri territori, ci sono contadine e contadini, allevatrici ed allevatori, apicoltori e trasformatrici, che hanno scelto la terra come alternativa al lavoro salariato, come alternativa al sistema economico predominante. Altre e altri che ci si sono trovati perché cresciuti nelle campagne, figli di contadine e contadini. Vite dedicate al lavoro sulla terra e alla sua conservazione e salvaguardia. Noi siamo solidali e supportiamo fortemente lo #scioperosociale in ogni territorio e siamo contro tutte le forme di precarietà cittadina imposta dall’altro ma scioperiamo lavorando perché continuando a re-esistere siamo ugualmente conflittuali con questo sistema di iper-produzione e sfruttamento. Supportiamo in queste nuove forme di sciopero chi vive in città ed a sua volta sostiene il nostro lavoro sociale, ecologico, economico e politico. Rivendichiamo da tempo il diritto dei territori all’autonomia alimentare, diritto che nel ternano vediamo ora evidentemente negato; ma che a Caicocci sempre in umbria significa vendere terreni agricoli; che a Milano significa sacrificare ettari agricoli per EXPO2015 e sfruttare giovani lavoratori-volontari per amor di curriculum; che a Firenze ed a Roma significa Eataly e scambi buon cibo (per modo di dire) con sfruttamento dei giovani lavoratori; che a Bologna significa opporsi al FiCo; in Val di Susa al TAV, in Friuli agli OGM. Siamo solidali con i braccianti, spesso migranti, che sono sfruttati ogni giorno nei campi coltivati per rifornire i supermercati, in mezzo a pesticidi, paghe basse e marginalità estrema che toglie dignità alle persone facendole sentire macchinari stagionali. Da alcuni anni GenuinoClandestino attraverso le comunità in divenire presenti sui territori mettono in relazione le campagne e la città, portando tra i palazzi i prodotti e le pratiche delle campagne, riportando nelle campagne le cassette svuotate dai prodotti ma piene di relazioni ritrovate e discussioni tematiche affini come, appunto, il lavoro. Oggi siamo limitati ma non fermati completamente ed attaccati ma resistenti, in ogni territorio supportiamo lo #scioperosociale contro tutte le forme di precarietà ma continuiamo lavorare anche il #14N per difendere terra, animali e lavoro con le nostre pratiche genuine e clandestine.

 

CAMMINANDO CON GENUINO CLANDESTINO

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Se qualche hanno fa avessi pensato che iniziando la campagna terrabenecomune si fosse arrivati a Caicocci o Mondeggi mi sarei sentito molto velleitario

Invece in quei bellissimi posti sta succedendo qualcosa che riguarda tutte e tutti noi ,succede che il percorso di GC diventa pratica,succede che quello che in questi anni abbiamo discusso e scritto entra nelle persone coinvolgendone la propria vita.
Ho visto delle ragazze e dei ragazzi che cominciano a vivere Caicocci pieni di entusiasmo e di paure fonte della loro voglia di costruire un percorso in quei luioghi,tirare fuori Olivi dai rovi,comprare mucche da far pascolare su quelle terre
Ho visto una collettivita contadina che li sostiene nel riappropiarsi di un bene comune
ho visto un comitato CAICOCCI TERRA SOCIALE che pur nelle differenze lavora nelle comunita locali per far capire che quelle terre sono una ricchezza per tutti
ho visto persone che si battono in vari comitati contro la devastazione dei territori sentire loro anche questa lotta
un compagno di Mondeggi mi ha detto “se riusciamo a sfondare a Caicocci o Mondeggi creiamo un precedente fondamentale”
è stata una gran giornata,sara dura ci vorranno tante energie ma il percorso è avviato ,ora sta a tutte e tutti noi non lasciarle\i soli
GENUINO CLANDESTINO CAMMINA CON O SENZA LE LEGGI
un abbraccio
bio
(portavoce dei produttori terra/TERRA)

CAICOCCI NON SI VENDE

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C’era un forno, nelle alte colline che dividono la valle del tevere dal lago del trasimeno, che una volta era abituato a cuocere cibo per tante e tanti, contadini e contadine,donne e uomini. quel forno,da anni, moriva dalla tristezza, sempre spento, ormai ammasso di materiali inerti abbandonati nell’abbandono di un luogo ormai senza senso ne vita e depredato chiamato Caicocci. Oggi quel forno sfavillava gioia e scintille e cuoceva, da mattina a sera, pizze su pizze genuine, con quelle farine che erano quasi decenni che quei mattoni refrattari  non  vedevano, tra chiacchere di donne e uomini, risate e pianti di bambini di ogni età. stasera quel forno, a Caicocci, riposa, ancora caldo, felice…perche Caicocci vive e  non si vende!!!

RESOCONTO

Con una grande e partecipata pizzata sociale si sono concluse le prime due settimane di custodia sociale di Caicocci. dopo un inverno difficile, in cui a stento siamo riusciti a tenere in vita il comitato CTerra Sociale, è improvvisamente ripartita l’iniziatica . stavolta in maniera radicale, aiutati dalle porte in faccia chiuse dalla politica regionale a chi cercava dialogo e dal coraggio di alcun@ compagn@.

da due settimane ci si prende  cura di Caicocci. si è cominciato a pulire e sistemare; a incontrarci e a fare l’ assemblee li. complice un mazzo di chiavi trovato, si sono riaperte le case; è stato trasformato la reception nel punto di accoglienza. Insomma è iniziata la custodia sociale

Un paio di nostri compagni GC da alcuni giorni dormono li, probabilmente presto, molto presto arriveranno anche animali. E intanto arrivano libri per la biblioteca, si riaprono sentieri, si potano gli alberi. Insomma dalle chiacchere ai fatti.

Occupazione ?  No, è custodia sociale. è un po’ la quotidiana risposta che si da’ agli sbirri che  passano. “siamo qui per evitare che un bene comune venga depredato e distrutto” ripete chi si trova dalle parti dell’ingresso quando arriva lemme lemme la punto rossostriata.”Bravi ragazzi, ma mi raccomando” la puntuale risposta dell’appuntato o del maresciallo di turno.

Fabio

Si scrive acqua si legge democrazia!

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No alle privatizzazioni, 
serve un nuovo modello di città e di servizi pubblici

Roma da un po’ di giorni risulta essere al centro dell’occhio di un ciclone che potrebbe modificarne in profondità struttura, forma e modello organizzativo.
Tutto il dibattito seguito al ritiro del decreto Enti Locali e alla riproposizione del cosiddetto “Salva Roma” sta assumendo contorni inquietanti.

Infatti, il nuovo equilibrio politico raggiunto con il Governo Renzi ha palesato i suoi intenti con il sostanziale attacco frontale all’autonomia decisionale del Comune di Roma in merito a quali azioni mettere in campo per rientrare dal debito. Appare evidente come il nuovo “Salva Roma” sia di fatto un commissariamento dell’amministrazione capitolina da parte del Governo. Più in generale quanto avvenuto negli ultimi mesi svela il tentativo di portare sull’orlo del baratro la Capitale per poi provare ad imporre le solite ricette draconiane di austerità. Quale miglior occasione, dunque, per prendere, come si suol dire, due piccioni con una fava: da una parte obbligare a privatizzare i servizi pubblici locali e vendere il patrimonio di Roma, dall’altra rilanciare in grande stile un nuovo piano di privatizzazioni sul piano nazionale, come “innovativa” soluzione all’approfondimento della crisi.

Come Coordinamento Romano Acqua Pubblica non possiamo che rilanciare la mobilitazione per respingere questa ingerenza da parte del Governo nei confronti di chi vive e amministra la città e per impedire che i beni comuni di Roma vengano messi sul mercato.

Appare anche evidente come siano diversi i segnali che intendono indicare la medesima direzione.
Non sembra, infatti, casuale la coincidenza dell’uscita e il risalto dato alla notizia sulla non potabilità dell’acqua in alcune aree a nord di Roma. Quelle sono zone gestite dall’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio), un’azienda, sostanzialmente, pubblica che viene presa ad emblema dell’inefficienza del modello pubblico con il solo fine di rafforzare la teoria che “privato è meglio” e che il passaggio ad ACEA risolverà, come una panacea, ogni problema.

Come Coordinamento Romano Acqua Pubblica non possiamo non denunciare che diverse cittadine e cittadini siano stati tenuti all’oscuro, per troppo tempo, della presenza di quantità di arsenico al di sopra dei valori soglia e che certamente ci siano responsabilità da parte del gestore, ancorchè pubblico, ma ciò non fa che rafforzare la nostra tesi sulla necessità di rifondazione di un nuovo modello di pubblico che preveda la partecipazione alla gestione da parte delle comunità locali, cittadini e lavoratori. In tutto ciò si dimentica di ricordare da quanto tempo e quanti siano i Comuni gestiti da ACEA, il cosiddetto modello virtuoso da esportare, in cui viene erogata acqua non potabile soprattutto per concentrazioni di arsenico superiori ai livelli consentiti dalla legge.

L’unica soluzione possibile e auspicabile è una ACEA con gestione pubblica e partecipata.

In ultimo, va evidenziato come il Sindaco Marino sembra aver aperto una battaglia a tutto campo contro i vertici di ACEA chiedendone di fatto la sostituzione in toto.

Ci sembra importante segnalare al Sindaco che una battaglia del genere, giocata nelle sole stanze dei palazzi del potere, rischia di essere perdente in partenza. Avvertiamo la necessità di una forte e ampia mobilitazione sociale per far tornare al centro del dibattito cittadino il tema della difesa dei beni comuni e dei diritti.

Su questo il Sindaco deve decidere se essere parte della soluzione o parte del problema, ovvero intende avviare una seria e reale interlocuzione con tutte quelle realtà che hanno davvero a cuore il futuro della città oppure intende solamente trovare un nuovo equilibrio politico-istituzionale dopo il cambio della guardia alla Presidenza del Consiglio? Intende sinceramente mettere in discussione i diktat governativi sui vincoli del patto di stabilità, sugli obblighi di privatizzazione?

Noi, per quanto ci compete, non intendiamo lasciare in mano alle solite lobbies economico-finanziarie ciò che appartiene a tutt* e ci mobiliteremo per scongiurare tutto ciò rilanciando un nuovo modello di città che guardi alla riappropriazione dei beni comuni, alla realizzazione del welfare locale, contro le privatizzazioni e per una gestione partecipativa dei servizi pubblici locali.

Coordinamento Romano Acqua Pubblica

L’olio senza padroni di Mondeggi

 

 

 


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La giornata di raccolta delle olive a Mondeggi ,organizzata Domenica scorsa  (17 novembre 2013 n.d.r.) da Terra Bene Comune (FI), ha visto partecipi circa 80 persone dai 5 ai 70+anni.

Nonostante le iniziali minacce di un imprenditore agricolo che, dichiarandosi incaricato dalla provincia (ente proprietario nonché liquidatore dell’azienda) della raccolta delle olive, non vedeva di buon occhio il nostro allegro squadrone, la giornata è stata un bellissimo momento di lavoro, discussione e convivialità con bruschetta, canti e musica dal vivo. Abbiamo raccolto circa 17 quintali di olive che hanno fruttato più di 200 litri di olio genuino e clandestino.
L’Assemblea ha deciso che quest’olio verrà per il 50% imbottigliato in dosi da 250g e RESTITUITO gratuitamente alla popolazione locale durante le varie iniziative di divulgazione del progetto “verso Mondeggi Bene Comune, Fattoria senza padrone”.
L’altro 50% sarà suddiviso in parti uguali tra coloro che hanno partecipato alla giornata di raccolta.
NB abbiamo potuto osservare la curiosa tecnica di raccolta del suddetto imprenditore incaricato dalla provincia: una decina di braccianti asiatici controllati a vista da un italianissimo caporalotto che armati di bastone bacchiolavano le fronde degli olivi. Che dire? deve trattarsi di quelle pratiche sperimentali di cui tanto si sono vantati i passati amministratori di Mondeggi.
A presto aggiornamenti.
Emi

15 OTTOBRE 2013 LO SFRATTO DI CASSA DEPOSITI E PRESTITI – COSA DICE RE-COMMON

AVVISO DI SFRATTO ALLA DIRIGENZA DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI

Azione alla Cassa Depositi e Prestiti – 15 ottobre 2013 – foto Luca Manes/Re:Common

 

Azione a Roma nell’ambito della giornata globale contro il debito e l’austerity (#notourdebt)

15 ottobre 2013 – Alcune decine di attivisti di varie realtà della società civile italiana, tra cui Re:Common, Terra Terra (nodo romano di Genuino Clandestino), il Forum per una Nuova Finanza Pubblica e Sociale, il Coordinamento Contadino Umbro, i Cobas e il Coordinamento Romano Acqua Pubblica questa mattina hanno consegnato un “avviso di sfratto” ai vertici della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), a partire dal presidente Franco Bassanini, colpevoli di “mancato finanziamento a tassi calmierati degli investimenti degli enti locali”.

La CDP negli ultimi dieci anni è diventata una società per azioni in cui sono presenti numerose fondazioni bancarie. Come conseguenza, denunciano gli attivisti, l’istituto presta ai comuni solo a tassi di mercato, favorendone l’indebitamento con le banche; finalizza gli investimenti solo per fare profitti; finanzia la privatizzazione dei servizi pubblici e fornisce denaro per grandi opere inutili, costose e devastanti per i territori. Eppure i soldi della CDP sono quelli di 24 milioni di cittadini che affidano i loro risparmi alle Poste (di cui la Cassa è principale azionista).

Parliamo di 230 miliardi di euro” ha dichiarato Antonio Tricarico di Re:Common. “Al netto di tutta la retorica sulla crisi, alla fine si scopre che i soldi ci sono. È però indispensabile che siano impiegati per agevolare gli enti locali, finanziare la riappropriazione dei beni pubblici, a partire dal servizio idrico, il miglioramento dei servizi sanitari e dell’istruzione, nonché aiutare le aziende in crisi” ha concluso Tricarico.

Per fare tutto ciò serve che la CDP esca da logiche puramente di mercato, ridiventi pubblica e cessi di essere per il 30 per cento in mano di fondazioni bancarie” ha detto Giulia Franchi di Re:Common. “Se si vuole uscire dalla crisi bisogna far sì che i soldi della CDP servano a favorire la cittadinanza, non le solite lobby di potere e finanziarie” ha aggiunto la Franchi.