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GENUINO CLANDESTINO: UN PERCORSO APERTO E INDIPENDENTE, CHE SOSTIENE LE LOTTE TERRITORIALI NO TAV E NO EXPO

Prendiamo parola a seguito dei recenti articoli usciti sull’incontro mondiale dei movimenti popolari svoltosi in Vaticano e organizzato tra gli altri da Joao Stedile, leader del Movimento Sem Terra, per ribadire che Genuino Clandestino è un movimento con un’identità volutamente indefinita.
Al suo interno convivono singoli e comunità in costruzione, si tratta di un percorso aperto a tutte e tutti, che diffida di gerarchie e portavoce e non richiede nessun permesso di soggiorno o diritto di cittadinanza, al contrario, è fiero di essere Clandestino.

All’incontro in Vaticano è stato invitato un singolo appartenente alla rete, che si è recato conscio di non poter rappresentare tutto il movimento, partecipando, come da invito, in qualità di osservatore.

Inoltre fanno sorridere gli accostamenti dati dalla cattiva informazione che descrivono il movimento Genuino Clandestino quale coordinatore dei movimenti No Tav e No Expo: informazione falsa, sebbene alcuni partecipanti a Genuino Clandestino fanno parte da anni di questi movimenti, con cui Genuino Clandestino ha sempre collaborato, sostenendone le lotte.

Genuino Clandestino è un percorso che ha come obiettivi:
– costruire comunità territoriali che praticano una democrazia assembleare e che definiscono le proprie regole attraverso scelte partecipate e condivise;
– sostenere e diffondere le agricolture contadine che tutelano la salute della terra, dell’ambiente e degli esseri viventi, a partire dall’esclusione di fertilizzanti, pesticidi di sintesi, diserbanti e organismi geneticamente modificati; che riducono al minimo l’emissione di gas serra, lo spreco d’acqua e la produzione di rifiuti, e che eliminano lo sfruttamento della manodopera;
– praticare, all’interno dei circuiti di economia locale, la trasparenza nella realizzazione e nella distribuzione del cibo attraverso l’autocontrollo partecipato, che svincoli i contadini dall’agrobusiness e dai sistemi ufficiali di certificazione, e che renda localmente visibili le loro responsabilità ambientali e di costruzione del prezzo;
– sostenere attraverso pratiche politiche (come i mercatini di vendita diretta ed i gruppi di acquisto) il principio di autodeterminazione alimentare ovvero il diritto ad un cibo genuino, economicamente accessibile e che provenga dalle terre che ci ospitano;
– salvaguardare il patrimonio agro alimentare arrestando il processo di estinzione della biodiversità e di appiattimento monoculturale;
– sostenere percorsi pratici di “accesso alla terra” che rivendichino la terra “bene comune” come diritto a coltivare e produrre cibo;  sostenere esperienze di ritorno alla terra come scelta di vita e strumento di azione politica;
– sostenere e diffondere scelte e pratiche cittadine di resistenza al sistema dominante;
– costruire un’alleanza fra movimenti urbani, singoli cittadini e movimenti rurali, che sappia riconnettere città e campagna superando le categorie di produttore e consumatore. Un’alleanza finalizzata a riconvertire l’uso degli spazi urbani e rurali sulla base di pratiche quali l’autorganizzazione, la solidarietà, la cooperazione e la cura del territorio;
– sostenere le comunità locali in lotta contro la distruzione del loro ambiente di vita.

Coerentemente con questi principi, siamo stati e saremo al fianco di lotte come quella No Tav, e contro il modello economico, sociale e culturale che vuole esprimere Expo 2015.

Riutilizzare l’Italia, riutilizziamo il Belpaese – da Il Manifesto

Riutilizzare l’Italia, riutilizziamo il Belpaese

Oggi e domani a Roma convegno contro il consumo del suolo e l’inutile produzione edilizia
«La vera ricchezza d’Italia – già Belpaese per antonomasia – sta nel suo patrimonio artistico e storico, paesaggistico e culturale»: sono ormai in molti ad individuare in questi beni comuni i possibili milestone di un prossimo riassetto sostenibile, non solo fisico, ma socio-economico e civile del paese.
Oggi, però, questo «tesoro» italiano – lascito delle molte civiltà stratificatesi nella nostra evoluzione spaziale e temporale – è sempre più obliterato, abbandonato al degrado, occultato, «affogato» dall’abnorme crescita urbana, dal pervasivo consumo di suolo che fa del territorio italiano la disastrosa, esasperata punta di un fenomeno, sprawltown, la città diffusa, che marca negativamente vaste regioni europee e occidentali.
Due cifre emblematiche di quella che sta diventando una catastrofe ci vengono dagli osservatori sul consumo di suolo, operanti presso diverse università, e riprese dal Coordinamento per la Difesa del Paesaggio: le rilevazioni satellitari restituiscono suoli urbanizzati pari a quasi il 20% dell’intera superficie territoriale nazionale, mentre le stime aggregate dall’ultimo censimento forniscono un numero di quantità di stanze vuote superiore ai 25 milioni, di cui circa un quinto localizzato nelle grandi città, e quasi altrettanto nelle villettopoli costiere e turistiche.
Tale sfracello di produzione edilizia se, paradossalmente, non risolve la domanda abitativa sociale – essendo determinata e dominata dai cicli della rendita speculativa, urbana e soprattutto finanziaria – ha prodotto ingenti quote di «urbanizzato contemporaneo abbandonato»; conseguente alla dismissione recente di attività produttive, industriali e agricole, commerciali, di servizio, o residenziali. O semplicemente, è stata dovuta dalla velleità di realizzare macrostrutture – infrastrutture, attrezzature – tanto gratificanti per il consenso suscitato dal loro annuncio, quanto spesso inutili e ingestibili per il contesto in cui si calavano.
Agli edifici storici abbandonati, di cui all’apertura, si è aggiunta così una quota ingentissima di cementificazione dismessa di recente.
Il Wwf, con le sue migliori competenze tecnico-scientifiche, insieme ad una decine di sedi universitarie nazionali, sta realizzando una ricerca in tutte le regioni del paese su caratteristiche e potenzialità delle aree abbandonate, storiche e recenti, e sulle loro prospettive in termini di riutilizzo ambientale e sociale. Oggi e domani presso l’aula magna dell’Università Roma Tre, nel complesso, appunto recuperato, dell’ex Mattatoio – verrà presentato il primo rapporto della ricerca.
Sono state censite circa 600 aree, corrispondenti ad altrettante «situazioni territoriali» (individuate anche perché rappresentative di categorie più vaste), in tutte le regioni italiane, suddividendole per caratteri tipologici e funzionali e per contestualizzazioni funzionali; in modo tale da prefigurare per ciascuna di esse non solo un progetto di recupero – pure importante di per sé -, ma la costituzione di «elementi forti» per strutturare e sostanziare processi di blocco di consumo di suolo e deterritorializzazione negli ambiti interessati.
Le categorie tipologiche individuate vanno dai manufatti storico-culturali in abbandono, anche se talora già vincolati per la tutela, alle aree archeologiche abbandonate, alle architetture di prestigio, alle infrastrutture dismesse o mai completate, alle fortificazioni militari, alle aree industriali in disuso, a macrostrutture realizzate e mai utilizzate o ingestibili, a spazi aperti da rinaturalizzare nella città consolidata, a vastissime porzioni di patrimonio residenziale da recuperare.
Le situazioni urbane e territoriali interessate nelle diverse regioni sono molteplici: da interi comparti interni alla città storica e consolidata, a mancate recenti «nuove centralità» che dovevano segnare le ex periferie, alla campagna urbanizzata da riqualificare, a molte aree costiere o collinari, o di elevata suscettività paesaggistica cui riattribuire senso ecologico tramite blocco della nuova cementificazione e strategie di restauro ambientale; utile anche per il riuso delle aree non solo industriali dismesse.
Il riutilizzo sociale e paesaggistico dei luoghi e degli intorni interessati presuppone anche la capacità di leggere i contesti, oltre i singoli siti: su questo spesso sono di ausilio i piani paesaggistici recenti – i cui progetti di riqualificazione ambientale vanno assumendo sempre più spesso i profili guida di prossime economie verdi territorializzate dei territori coinvolti- che, per dettato strategico-normativo, analizzano gli spazi regionali per ambiti locali e comprensoriali e spesso ne prospettano «scenari di tutela, riqualificazione e valorizzazione sostenibile», non solo ecoterritoriale, ma socio-culturale. In questo quadro, i cluster spaziali individuati dalla ricerca per il riuso possono giocare ruoli decisivi.
Il Report tocca anche un’altra questione sostanziale: chi può mettere in pratica queste «interessanti politiche» in un momento di profonda crisi della «Politica»? la ricerca recupera il concetto di «Laboratorio Territoriale», coordinamento di abitanti, ambientalisti, difensori del territorio, istanze di restauro civile e costituzionale, già presenti in alcune esperienze di difesa e recupero del territorio recenti, come le Reti del «Nuovo Municipio» o dei «Comuni Solidali», e mira a ricontestualizzarli sui paesaggi, anche sociali,individuati.
ALBERTO ZIPARO

CDP ALL’ASSALTO DEL DEMANIO AGRICOLO

CDP ALL’ASSALTO DEL DEMANIO AGRICOLO

 

Secondo l’Agenzia del Demanio, che utilizza i dati del Censimento per l’ Agricoltura 2010, l’estensione dei terreni agricoli demaniali in Italia ammonta ad oltre 338.000 ettari, per un valore che oscilla fra i 5 e i 6 miliardi di euro.

Un patrimonio importante che, grazie alla sua equa distribuzione geografica, consentirebbe la messa a punto di un progetto nazionale per una diversa agricoltura, per una conseguente salvaguardia e manutenzione idrogeologica del territorio e per il rilancio di nuova occupazione, in particolare giovanile, durevole e di qualità.

Riflessioni che non sfiorano l’attuale Ministra dell’Agricoltura De Girolamo, che ha recentemente incontrato i vertici dell’Associazione bancaria italiana (Abi) e il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, per mettere a punto un programma di “valorizzazione” e (s)vendita dell’immenso patrimonio agricolo demaniale.

Replicando quanto sta già proponendo agli enti locali in merito alla svendita del patrimonio immobiliare, Cassa Depositi e Prestiti avrebbe la funzione di assegnare un prezzo ai terreni demaniali, di acquisirli consentendo allo Stato di fare cassa e di metterli successivamente sul mercato.

Incredibile l’obiettivo dichiarato dalla Ministra De Girolamo : “(..) un’occasione per sbloccare la situazione e mettere nuovi terreni a disposizione soprattutto dei giovani, perché senza terra da lavorare non è possibile pensare ad un vero rilancio del comparto”.

Altrettanto incredibile è che per questo ulteriore processo di colossale espropriazione di patrimonio pubblico si utilizzino le risorse del risparmio postale affidato dai cittadini alla Cassa Depositi e Prestiti.

Davvero si pensa che i giovani disoccupati (oltre il 35%) siano provvisti di capitale e non attendano altro, per trasformarsi in futuri agricoltori, che divenire proprietari dei terreni da coltivare?

Davvero si pensa che privare la collettività del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, corrisponda a “servizio di interesse economico generale”, qualifica cui dovrebbe attenersi ogni investimento di Cassa Depositi e Prestiti (art. 10, D. M. Economia 6/10/1994) ?

Possibile che non si pensi ad un piano per un’agricoltura di qualità e per una nuova occupazione giovanile attraverso il mantenimento della proprietà collettiva del demanio agricolo, l’affidamento dei terreni ai giovani con affitti calmierati e l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti per il sostegno dell’avvio di attività (start up di impresa) e dei primi investimenti in mezzi, tecnologie, impianti e sementi per consentire alle diverse nuove aziende un funzionamento a regime?

Ancora una volta l’obiettivo è quello di consegnare patrimonio pubblico alle banche e beni comuni alla speculazione finanziaria, con il paradosso di renderlo possibile attraverso l’utilizzo dei risparmi dei cittadini. La socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti e la sua gestione territoriale, democratica e partecipativa diventa un obiettivo sempre più urgente, che da oggi dovrà vedere coinvolte in prima fila tutte le esperienze e reti dell’altra economia, dei gruppi di acquisto solidale, dell’agricoltura autogestita e di qualità, del commercio equo e solidale.

Marco Bersani (Attac Italia)

 per leggere l’articolo

1 giugno 2013 a Pisa la Costituente dei Beni Comuni

Continua senza sosta il percorso lanciato il 13 Aprile al Teatro Valle Occupato.

Dopo la tappa di l’Aquila, la Costituente dei Beni Comuni si aggiornerà all’ex Colorificio Liberato di Pisa il 1 Giugno.

La peculiarità di questa seconda tappa caratterizzerà la discussione, cercando di dare suggestioni a partire direttamente dall’esperienza del territorio pisano e toscano, ma anche di tutta Italia, per una riscrittura e ridefinizione del concetto di
proprietà.

L’ “incomprimibile” ha negli ultimi anni assunto molteplici forme che oggi, nello spazio di una pubblica assemblea, si apprestano a una rilettura di norme costituzionali, da tempo accantonate, come la funzione sociale della proprietà privata e il riconoscimento delle comunità, come dagli art. 42 e art. 43 della Costituzione Italiana.

L’appuntamento è quindi il 1°Giugno alle ore 15 all’ex-Colorificio Liberato per la seconda tappa della Costituente dei Beni Comuni.

Aggiornamenti sulla pagina
http://www.inventati.org/rebeldia/movimenti/fatti-bene.html

Evento Fb
https://www.facebook.com/events/148258055357912/

Assemblea Costituente Beni Comuni
http://www.teatrovalleoccupato.it/sabato-4-maggio-laquila-procedono-i-lavori-dellacostituente-dei-beni-comuni

Assemblea Costituente Beni Comuni
http://www.teatrovalleoccupato.it/linarrestabile-ascesa-dei-beni-comuni-assembleapubblica-sabato-13-aprile-ore-15-30

RETE ACQUA SUOLO – ReggioEmilia -Info: reteacquasuolo@gmail.com

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Il cemento avanza, teniamolo d’occhio

Dopo alcuni mesi di riflessione il gruppo informale Rete Acqua Suolo presenta il progetto “Verso Terre di Reggio Emilia”, prima tappa di un percorso, aperto e partecipato, per costituire, anche nella nostra provincia, un organismo no profit per l’acquisizione di terre agricole, da sottrarre a cementificazione e speculazione fondiaria, e destinare alla produzione di prodotti agricoli, biologici e/o biodinamici, e creazione di lavoro qualitativo, stabile e alla tutela ambientale.

Info: reteacquasuolo@gmail.com

In Sardegna “PODERI AL POLOLO” 16 marzo 2013

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PODERI AL POPOLO ” Forum sulla terra di tutti”

Il Consorzio Andalas De Amistade e la libreria Odradek sono lieti di invitarvi alla prima edizione di Poderi al Popolo-Forum sulla terra di tutti: tre giornate di dibattiti, workshop, laboratori, seminari e proiezioni sul tema dell’agricoltura e dell’accesso alla terra.
A Sassari il 14 marzo 2013 presso la libreria Odradek- Via Torre Tonda, 42 e proseguirà nelle giornate del 15 e 16 marzo 2013 presso il Centro Coopera- Corso trinità 161.

14 marzo ore 18.00
“Biologico a km 0”
Presentazione del libro di Emanuele Gosamo
Modera Marilena Budroni – Dip. Agraria Sassari
Interviene: Giuseppe Pulina – Direttore Dip. Agraria Sassari
a seguire dibattito con produttori e consumatori
15 marzo Ore 17.30 sala Grotta

“La Terra e’ di Tutti
Confronto sul tema dell’ accesso alla terra
modera: Marilena Budroni- Dip. Agraria Sassari
Interventi:
Luciano Guttierrez – Dip. di Agraria Sassari
Iside Stevanin – Andalas de Amistade
Daniele Pittalis e Laura Altea – Nucleo ricerca desertificazione
Claudio Pozzi e Tiziana Citelli – Wwoof international
Marc Boureidane – Emilio Mouannes – Dip. di Agraria Sassari
Pierluigi Molino – Agricoltore
Laura Fiori – Agricoltrice
Referente Terre de Liens
Rosanna Arru – Dirigente I. T. Agrario Sassari

16 marzo Ore 10.00-14.00 – sala Grotta
“Facciamola…l’Agricoltura”
tavoli di lavoro aperti a tutti
sulle possibilita’ dell’agricoltura a Sassari

parteciperanno:
Rosario Musmeci – Ass. al lavoro Provincia di Sassari
Nicola Sanna – Ass. alla Programmazione Comune di Sassari
Vinicio Tedde – Ass. al Patrimonio Comune di Sassari
Monica Spanedda – Ass. all’ Ambiente Comune di Sassari

per il programma completo
 
 
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Ventotto ettari di terra per riprendersi la vita

Il Comune ha concesso un appezzamento di proprietà della Regione ai disoccupati della coop Nuovo Mondo che realizzeranno un grande orto

 

E’ prioritario salvare i diritti d’uso collettivo e civico delle terre

Comunicato/Appello scritto da alcune soggettività rurali presenti questi giorni ai blocchi in Valsusa e letto 3 giorni fa in assemblea‏.

La maggior parte degli italiani non sanno che esistono questi diritti,che le terre destinate all’uso civico,nel dopoguerra arrivavano a 1/5 del territorio nazionale. Perchè in italia,dall’antichità fino ai primi anni dell’ultimo dopoguerra,molta della popolazione viveva sulle terre di montagna. Quindi: per affrancarsi,prima,dalla servitù e dagli eserciti,poi, dal mercato della terra e dalla mezzadria, sono cresciute zone con proprietà collettiva della terra e governo collettivo attraverso le regole (senza finalità di profitto) e i comunelli. Questo è stato un processo
che in alcune zone si è af fermato molto,durando ancora adesso. Le Regole nel Cadore/Ampezzano, le Comunanze nelle Marche, le Partecipanze in Emilia,le Comunalie nell’Appennino Emiliano, le Università Agrarie nel Lazio e nel Centro Italia,gli Usi Civici in Sardegna.
Ma nel dopoguerra,quando fecero la costituzione,accanto alla proprietà pubblica e privata, non fu messa la proprietà collettiva,inventando il demanio pubblico e favorendo così l’abbandono. Inoltre,in assenza di comunità e di associazione di abitanti,il bene viene incamerato dai comuni. Per questo molti comuni non facilitano la vita di queste iniziative sulla terra,financo le inchieste catastali. Infine oggi,dopo anni di tentativi di appropriazione delle terre collettive,il governo Monti ha deciso di sdemanializzare(cioè rendere vendibile) questo patrimonio che è collettivo.
Pensiamo che per reggere alla crisi occorre basarsi sulla ricchezza sociale,non su quella privata,nè su quella pubblica. Per questo è importante organizzarsi collettivamente per recuperare queste terre e gestirle attraverso pratiche sociali e solidaristiche. Come stanno facendo in Colombia e in altri paesi del atinoamerica. Rinnovando e rafforzando gli usi civici.

 

 

 

In Spagna si occupano terreni del demanio che stanno per essere messi all’asta (in spagnolo)

Domenica 4 marzo, quasi 500 persone del SAT e SAC  hanno occupato la finca Somonte di Palma del Río ( tra Cordoba e Sevilla ), che la giunta di Andalusia ha messo all’asta. Hanno lanciato un’appello per far girare la notizia!!
L’obiettivo è fermarsi li e iniziare a coltivare. Hanno bisogno di cibo, semi, piante e appoggio umano..
Anche qui, più di 20000 ettari di terre sono stati venduti ai privati.
Giovedì alle 11 è prevista una manifestazione a Sevilla, contro la vendita di questi terreni e per la concessione a cooperative di “braccianti” in paro.
El domingo 4 de Marzo a las 11 de la mañana unos 500 miembros del Sindicato de Obreros del Campo – Sindicato Andaluz de Trabajadores hemos ocupado la finca Somonte en el término municipal de Palma del Río. Esta finca propiedad de la Junta de Andalucía sale mañana a subasta. Privatizan la tierra mientras la gente del pueblo sufre un paro extremo de 1.700 personas en Palma del Río y más de 4.000 personas paradas en los pueblos de alrededor. Están vendiendo más de 20000 hectáreas en Andalucía quedando aún unas 8.000 sin subastar. Ante este atropello el SOC-SAT se va movilizar durante estos días y el próximo jueves a las 11 de la mañana hará una manifestación en la Consejería de Agricultura de Sevilla pidiendo que se paralice esta venta de tierras y que en lugar de pasar a banqueros y terratenientes sean trabajadas por cooperativas de jornaler@s en paro.

A partir de esta ocupación unas 30 personas de Posadas, Palma del Río y otros pueblos se han quedado en esta finca con el objetivo de permanecer en ella y comenzar a trabajarla. Pensamos que esta es la única forma de llevar a cabo nuestras ideas consecuentemente ya que la tierra tiene que ser autogestionada por los propios trabajadores y trabajadoras para crear el máximo número de empleo y favorecer el desarrollo de la economía local y comarcal. El terreno de Somonte tiene 359 has. de secano y 41 has. de regadío. La parte de regadío podría dar en una primera etapa unos 50 puestos de trabajo mediante el cultivo de espárragos, cebollas y otras hortalizas. A medio plazo se podría generar mucho más empleo a través del cultivo social de todo el terreno, de agroindustrias y comercialización de los productos por medio de las inversiones necesarias.

Desde el SOC-SAT hacemos un llamamiento urgente a la solidaridad de Palma del Río y los pueblos de alrededor y a todos los compañer@s de la provincia de Córdoba y de Andalucía para que apoyen esta causa viniendo a sumarse a la lucha y el trabajo en la finca de Somonte presionando a los órganos de poder, difundiendo la noticia y apoyándonos materialmente: comida, semillas, plantas, materiales, dinero y lo que se vea posible.

Esta acción debe ser el comienzo de la revolución agraria que en este momento de paro, penurias y estafa neoliberal tanta falta nos hace. Hoy en día cualquier alternativa para sobrevivir con dignidad debe pasar por la lucha por la tierra, la agricultura campesina, la soberanía alimentaria y el desarrollo que genera como ha pasado y vemos cada día en Marinaleda y otros pueblos de Andalucía.

Animamos a tod@s los trabajadores y parad@s de Andalucía a que luchen por la tierra pública o privada para su colectivización por parte del pueblo.

SI EL PRESENTE ES LUCHA, EL FUTURO ES NUESTRO

¡VIVA ANDALUCÍA LIBRE!

El jueves (8 de marzo) por la mañana saldrá una furgoneta desde Córdoba cargada de cosas para allá. Necesitan comida, bebida, dinero para comprar cosas, materiales y herramientas para trabajar la tierra, semillas, planteras del tiempo, etc, etc, etc. Si queréis colaborar con lo que sea podéis llevar vuestra solidaridad a LA TEJEDORA, que es el lugar donde iremos guardando las cosas para transportarlas el jueves por la mañana. Podeis llevarlo durante el día de hoy martes y mañana miércoles.

Además, de esto, toda la difusión y el apoyo público que se le de a esta acción desde nuestros colectivos, nuestros barrios, puestos de trabajo, etc, es de vital importancia para lograr que esta semilla que se acaba de plantar en Palma del Río fructifique como alternativa real y verdadera ante el capitalismo depredador.

Comunicado en apoyo de Córdoba Solidaria a la Ocupación de la Finca Somonte

(Palma del Río) por más de 500 jornaleros/as sin tierra

El pasado domingo 4 de marzo más de 500 jornaleros/as ocupaban la finca Somonte en el término de Palma del Río (Córdoba) con la intención de paralizar la salida en subasta de estas tierras que hasta día de hoy son de titularidad pública.

Desde Córdoba Solidaria condenamos cualquier intento de privatización de lo público. Se quiere privatizar, subastar, en definitiva, mal vender tierra productiva mientras miles de jornaleros y jornaleras andaluzas están en una grave situación de indefensión por falta de trabajo y de ingresos.

Queremos mostrar nuestro apoyo a las más de 50 familias que han decidido quedarse en la finca para trabajarla, para hacerla productiva, para generar empleo y favorecer de esta manera el desarrollo de la economía local y comarcal, de una manera colectiva, cooperativa y sostenible.

Nos parece que esta acción es una alternativa real y posible para vivir con dignidad en medio de esta crisis económica y esperamos que este ejemplo cunda, se replique y logre extenderse bajo el sol de nuestra tierra, Andalucía.

¡¡LA TIERRA PA QUIEN LA TRABAJA!!

– Fotos de la ocupación (4-MAR-2012)




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Gli usi civici non si vendono E’ REATO!

Il decreto Salva Italia vorrebbe svendere anche le terre collettive, autorizzando i comuni a cedere i beni di uso civico. Ma la proprietà collettiva è per sua natura invendibile. L’appello nazionale della Consulta Nazionale

Si vuole evitare in ogni modo che le terre collettive vengano vendute e svendute, come sta purtroppo avvenendo in alcuni contesti territoriali, dai Comuni che ne detengono l’amministrazione attraverso una riduttiva ed illegittima interpretazione dell’art.66 del decreto Salva Italia, che autorizza i Comuni a vendere i beni agricoli ed a vocazione agricola di loro proprietà. Tra questi non possono rientrare, come invece in alcuni casi sta avvenendo, i beni soggetti ad uso civico che sono e continuano ad essere INALIENABILI, INUSUCABILI,  IMPRESCRITTIBILI e IMMUTABILI nella loro destinazione agrosilvopastorale.

(LEGGI L’INTERO ARTICOLO)

Vandana Shiva ai giovani Italiani

(vuoi leggere l’intero articolo?)

“La terra sostiene la nostra vita sulla Terra, e la Terra non discrimina tra giovani e vecchi, ricchi e poveri, per lei tutti i figli sono uguali.
Noi siamo legati alla Terra dal momento che ognuno riceve una giusta, equa e sostenibile parte di risorse: la biodiversità e i semi, il cibo che i semi ci procurano, la terra su cui possono crescere i cibi, l’acqua che scorre nei nostri fiumi e anche l’aria dell’atmosfera che respiriamo. La più grande sfida che dobbiamo fronteggiare oggi è quello che ho chiamato la rapina dei nostri beni comuni da parte delle multinazionali. I semi come beni comuni sono stati sottratti tramite la privatizzazione e brevettazione, l’acqua è stata privatizzata tramite leggi, la terra è stata privatizzata e rubata nei paesi poveri, in India, in Africa, ma anche nei paesi ricchi a causa dell’aggravarsi della crisi economica. Le vere forze che hanno generato la crisi, tramite una morte finanziaria, ora vogliono appropriarsi del benessere reale della società e del futuro, vogliono appropriarsi dell’acqua e della terra.
Penso che in questo momento di crisi,  di crisi economica, la terra è l’unico luogo in cui possiamo ritornare per ricostruire una nuova economia; e ogni governo alle generazioni future dovrebbe dire: “non abbiamo molto altro da darvi: abbiamo perso la capacità di darvi lavoro, sicurezza sociale e garantirvi un decente tenore di vita. Ma la terra ha ancora questa capacità, noi consegniamo le terre pubbliche agli agricoltori del futuro: provvedete a voi stessi”. Questo è un obbligo, visto il fallimento dei governi, nell’attuale sistema economico, nel prendersi cura dei bisogni della gente; la terra può prendere cura dei nostri bisogni, la comunità può prendersi cura dei nostri bisogni. E se vogliamo avere un’economia viva, e dobbiamo averla, e se vogliamo avere una viva democrazia, la terra deve essere al centro di questo rinnovamento: dalla morte e distruzione alla vita.
Mettere la terra nelle mani delle generazioni future è il primo passo, e se non lo faranno, seguendo la strada giusta, invito i giovani a occupare la terra così come stanno occupando le piazze; voi dovete fare un dono al futuro dell’umanità.”

Vandana Shiva